Digital marketing | | Staff Arkomedia

Native Advertising. In che modo può aiutare il tuo business online?

Cos’è il Native Advertising

Il concetto di Native Advertising non è una novità nel panorama del Content marketing, soprattutto oggi, dove gli utenti sono costantemente “bombardati” da messaggi pubblicitari, questa sembra essere una delle strategie migliori.

Perché?

Innanzitutto diamo una definizione di Native Advertising. Stiamo parlando di una forma di pubblicità che assume la forma editoriale dei contenuti originali. L’esperienza online dell’utente non viene interrotta perché gli annunci nativi sono perfettamente integrati, quasi a confondersi, con le altre notizie. 

Parliamo di una delle formule pubblicitarie preferite dai marketers che devono costantemente scontrarsi con il fenomeno del Banner Blinders (cecità ai banner) e dell’Ad Blocker.

Nel primo caso parliamo della tendenza delle persone a ignorare i formati pubblicitari classici, tutto ciò che viene percepito come una interruzione nell’esperienza di navigazione.

Mentre, nel secondo caso, ci riferiamo al crescente fenomeno che prevede l’installazione di software per il blocco della pubblicità online.

Tipologie di Native Advertising

Lo IAB (Interactive Advertising Bureau) definisce in questo modo il Native Advertising: “Paid Ads that are so cohesive with the page content, assimilated into the design, and consistent with the platform behavior that viewer simply feels that they belong”.

Da questa definizione sono state classificate sei tipologie differenti di Native Advertising:

1.In-Feed. Si tratta di tutte quelle inserzioni pubblicate nel feed delle varie piattaforme online, ad esempio i post sponsorizzati su Facebook

2.Paid Search. In questo caso gli inserzionisti pagano per inserire i contenuti nei risultati dei motori di ricerca.

3.Widget con post raccomandati. I contenuti sponsorizzati sono inseriti all’interno di un articolo grazie a un Widget  che include la dicitura “Paid Post” e, per differenziarsi,  viene evidenziato con un colore differente.

4.Promoted Listing. Si tratta di un formato adv che viene inserito nelle liste dei prodotti di un e-commerce.

5.In-Ad. Sono contenuti inseriti all’interno di un formato pubblicitario standard, ma pertinenti con la linea editoriale della piattaforma e con il pubblico di riferimento.

6.Contenuto personalizzato. Post sponsorizzati, contenuti scritti e confezionati per essere pubblicati su altri siti web, ossia inserzionisti che producono un articolo e l’editore che mette a disposizione il proprio spazio.

Affinché il Native Advertising sia riconoscibile dal consumatore e non ingannevole, deve rispondere a delle regole fissate dal Federal Trade Commission:

1.La natura sponsorizzata deve essere evidente;

2.La linea editoriale deve essere rispettata;

3.Il design deve rimanere fedele alla piattaforma;

4.La qualità dei contenuti creati deve essere superiore rispetto alle forme più tradizionali di advertising.

Quindi, cosa rende efficace il Native Advertising?

È bene innanzitutto avere una visione olistica e condurre una campagna multicanale, al fine di raggiungere tutti i consumatori che effettivamente sono interessati al prodotto/servizio.

Abbiamo visto che esistono diverse tipologie di Native Advertising e, pertanto, è necessario capire quale sia la più indicata al messaggio che si vuole comunicare e agli obiettivi che s’intende raggiungere.

La comunicazione deve integrarsi armoniosamente all’ambiente in cui è inserita e solo pensando come un editore essa potrà considerarsi efficace e non distraente per l’utente. Una pubblicità che non sembra pubblicità appunto e che genererà valore per l’utente finale, tramutandosi in like e conversioni.

Ma tutti possono fare Native Advertising?

Assolutamente sì, a patto che le aziende che intendano approcciarsi a questa strategia di marketing siano disposte a investire concretamente sul contenuto, raggiungendo così il proprio target di riferimento senza infastidirlo e attirarlo fino a fidelizzarlo.

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